Gli uomini calvi sono più virili? Non è una leggenda, ma una verità scientifica. La forma più diffusa, detta alopecia androgenetica, si deve infatti, alla trasformazione – per opera di un enzima, il 5alfa-reduttasi di tipo II – di un’eccessiva quantità del principale ormone maschile, il testosterone, in un suo più potente derivato, il diidrotestosterone, capace di interferire negativamente sul ciclo di crescita del capello.
Che, privato di ossigeno e nutrimento, si indebolisce, diventa sempre più sottile e senza corpo, infine cade. Per circa l’88% degli uomini colpiti dal disturbo, molto contano anche le componenti genetiche, perché l’enzima citato, di solito si eredita. Prima si manifesta, più la calvizie sarà grave.
Inizia con un assottigliamento dei capelli e prosegue con un diradamento nella parte che va dalla fronte al centro della testa.
La zona occipitale (orecchio-nuca-orecchio) è quella che rimane indenne allacaduta. Il motivo è ancora sconosciuto, ma sembra che questi tessuti abbiano un’origine genetica diversa dagli altri.
Detto così, la calvizie potrebbe sembrare un processo irreversibile, da accettare con… rassegnazione.
In realtà, quel che conta è correre ai ripari tempestivamente, prima che i sintomi si manifestino in modo eclatante. Anche perché il decorso è molto più lungo e articolato di quanto si pensi: può iniziare già intorno ai 18 anni e protrarsi tutta la vita, seguendo – secondo gli studiosi – 22 stadi differenti.
PRP: una valida alternativa al trapianto
I trattamenti cosmetici e cosmeceutici possono allungare la vita del capello e favorirne la crescita, riducendo sebo e forfora, che occludono il bulbo.
Di solito vengono formulati con fitormoni, in grado di arginare l’azione dell’enzima responsabile, ma anche con oli essenziali e vitamine antiossidanti che proteggono dai radicali liberi.
Ma se non bastano?
Oggi, non è più necessario ricorrere al trapianto, puntando piuttosto un’innovativa metodica di medicina rigenerativa, il
PRP (Platelet Rich Plasma), plasma arricchito di piastrine, in grado di stimolare l’attività delle cellule staminali dei bulbi piliferi ancora presenti, ma silenti o sofferenti.
Indicata in tutti gli stadi di alopecia androgenetica, sia maschile (interessa l’85% degli uomini) sia femminile (colpisce il 50% delle donne in menopausa e un elevato numero di donne in età fertile), questa metodica viene impiegata con successo anche nei casi di alopecia areata a chiazze e nei soggetti già sottoposti ad autotrapianto di bulbi del follicolo pilifero, per migliorare il risultato chirurgico.
La seduta e i risultati con PRP
Il PRP si esegue in ambulatorio e richiede circa 30-45 minuti. Non servono particolari analisi preparatorie, ma è sempre meglio effettuare un esame del sangue, se si hanno problemi di coagulazione o di funzionalità epatica.
La seduta inizia con il prelievo di 5-10 ml di sangue venoso. Le provette vengono immesse in una centrifuga che, in pochi minuti, separa le componenti del sangue e permette di ottenere una massa gelatinosa, il plasma ricco di piastrine (PRP), fonte di fattori di crescita.
Non vi é bisogno particolare di anestesia e si comincia, talvolta, col passare sul cuoio capelluto un roller, sorta di rullo provvisto di micro-punte, in grado di effettuare una lieve abrasione, per favorire l’attivazione dei fattori di crescita del capello.
Successivamente si inietta la soluzione PRP ottenuta, per poi procedere al massaggio del cuoio capelluto che ne favorisca la distribuzione.
Non è richiesta convalescenza.
I capelli cominciano a comparire dopo 5-6 mesi dalla prima seduta, raggiungendo il top della crescita dopo circa 9-12 mesi.
Il ciclo prevede tre sedute a distanza di quindici giorni le prime due e di due mesi la terza, che possono essere inframmezzate da sedute con infiltrazioni di aminoacidi, i costituenti fondamentali delle proteine.
Per potenziare ulteriormente il risultato, nei casi di diradamenti più seri, si ripete la procedura dopo 6 mesi. In genere, poi, basta un “richiamo” una volta l’anno.