Negli ultimi tempi si sente parlare molto di “interventi secondari” di chirurgia plastica. Così definiti perché effettuati per correggere un errore, rimediare a un danno o “annullare” gli effetti di un’operazione precedente.

Nel migliore dei casi, servono anche a “rinfrescare” un risultato non più soddisfacente a causa del passare degli anni.

Dunque, si tratta di operazioni che richiedono una competenza maggiore perché ancora più complessi di quelli primari: sia da un punto di vista medico (si agisce su parti del corpo già modificate, con cicatrici), che psicologico (difficile accontentare una persona delusa…). Un fenomeno sempre più diffuso, come confermano le cifre.

Un terzo degli interventi di chirurgia estetica – pari in Italia a 150 mila all’anno – sono “secondari”. Le conseguenze? Oltre al danno fisico e psicologico subito dalla paziente, la perdita di fiducia non solo nello specialista, ma anche nelle possibilità di successo della chirurgia plastica.

Liposuzioni sbagliate
“Nella mia esperienza, l’intervento ‘secondario’ che mi sono trovato ad affrontare più spesso è la liposuzione”, chiarisce il prof. Giuseppe Sito, chirurgo esetico a Napoli, Torino e Milano. “E non caso, visto che vene considerata un’operazione relativamente semplice, talvolta eseguita con molta superficialità anche da giovani neo-laureati.

Il mio contributo “correttivo” consiste, dunque, nell’eliminare cuscinetti residui, depressioni e asimmetrie significative del tessuto provocati dall’imperizia del medico che mi ha preceduto. Poi, nella mia carriera, mi è capitato, frequentemente di correggere addominoplastiche mal riuscite, con cicatrici troppo lunghe e/o asimmetriche o suture ispessite. Molti pazienti si rivolgono a me anche perché insoddisfatti di blefaroplastiche e rinoplastiche: nel primo caso, per un’asportazione eccessiva di pelle, nel secondo, per una correzione inadeguata del naso o un difetto della punta. Stesso discorso vale per la mastopessi (o lifting del seno), spesso asimmetrica, mentre solo di rado ho trattato mastoplastiche additive sbagliate”.

Alla ricerca del chirurgo doc
Ma come evitare, dunque, gli interventi secondari? “L’unica strada è rivolgersi a professionisti ‘certificati’ che, oltre alla preparazione e all’aggiornamento d’obbligo, siano iscritti a società scientifiche riconosciute e di indubbio valore”, risponde il prof. Sito.

“Sempre diffidando di chi promette troppo, dei medici sconosciuti, dei trattamenti a prezzi stracciati, delle catene di chirurgia low cost e delle agenzie che propongono pacchetti all inclusive (‘intervento+vacanza’).

E, una volta che siete a colloquio con lo specialista, bisogna chiedergli tutte le informazioni del caso – dove e con chi opera, i materiali utilizzati, i controlli post operatori… – oltre alle foto dei suoi interventi”.